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STORIA E REALIZZAZIONE DELL’IMMAGINAZIONE MATERIALE
Loren Goldner

Sulle origini della scienza moderna nel neoplatonismo, nella Cabala e nelle opere di Ermes Trismegisto, e sulle implicazioni di queste origini per lo sviluppo di una teoria autoriflessiva della Prassi Totale. (1979)

Introduzione del 1979

Ciò che segue si riferisce in gran parte a numerosi e disparati argomenti, ma sottende anche un’analisi di problemi radicati nella storia teorica della filosofia e del pensiero scientifico. Il suo obiettivo fondamentale è provare l’esistenza di linee di correlazione tra “cultura” e “natura” e pone come possibile una teoria unitaria che le comprenda entrambe.

Introduzione del 2001

Quando questo saggio fu scritto, il suo obbiettivo polemico essenziale era il genere di positivismo rappresentato da un Coletti o i dibattiti senza fine degli ultimi anni ’70 sul “Problema della trasformazione del valore-prezzo”. Nessuno aveva sentito mai nominare l’espressione “guerre culturali” e neanche quella di “guerre scientifiche”. Nel ristampare oggi questo saggio, io personalmente ho aggiunto qualche considerazione sulle più recenti opere e un commento di sfuggita sul “postmodernismo”, che sorse in parte co-me reazione alla sterilità del positivismo e dell’empi-rismo moderno, contestati in questo saggio.

La storia della scienza moderna è convenzionalmente datata a partire dalle innovazioni in astronomia, ottica e fisica prodotte agli inizi dell’era moderna in Europa dal XV al XVII secolo, innovazioni che furono sintetizzate e trasformate dalla figura ambigua di Newton. Se Newton non è interamente da biasimare per il newtonismo1, difficilmente si può negare che l’ideologia meccanicista, desunta dalle sue opere, costituisse il ‘paradigma’ predominante su cui si è retta la scienza in occidente (e non solo le scienze naturali) fino alla fine del ‘900. Se il meccanicismo, l’empirismo e l’atomismo, i tre maggiori metodi di pensiero che han tratto sostegno dai commenti ufficiali dell’opera di Newton, sono stati felicemente eliminati) nella sua fisica stessa, essi non cessano di essere riproposti fino ad oggi come modelli di ‘rigore scientifico’ in molti campi della ricerca umana, e particolarmente in quelli (quali le cosiddette ‘scienze sociali’) massimamente distanti dal filone della ricerca moderna nelle scienze naturali. Il fisico moderno è perfettamente consapevole che la scienza non ha nulla a che fare con un plebiscito di ‘fatti osservabili’, ma una parodia della stessa epistemologia – largamente inferiore alle opere di Newton o Descartes – continua ad attardarsi persino in aree, quali il marxismo contemporaneo, dove meno la si attenderebbe. La rivoluzione newtoniana in fisica (le cui vere caratteristiche, nella mente dei suoi protagonisti, rimangono sconosciute per la riluttanza a rendere pubblica l’enorme opera di Newton, le cui parole destinate all’alchimia2 sono state stimate da sole un milione, nelle scienze esoteriche del Rinascimento – soprattutto alchimia, astrologia e Cabbala –) chiuse un altro sviluppo, quello delle origini della scienza empirica moderna da tre correnti mistiche e semi-mistiche dell’antichità: la tradizione neoplatonica sviluppata da Plotino, Filone di Alessandria, lo Pseudo-Dionigi, Agostino, Giovanni Scoto Eriugena3, la Cabbala ebraica4, in realtà neoplatonismo ebraico che ricercatori datano dal secondo secolo, ma che ricevettero decisive formulazioni nelle regioni ispano-provenzali nei secoli XII e XIII5; e finalmente, l’opera di Ermes Trismegisto (tre volte massimo), riconosciuto durante il Rinascimento come egiziano6, ma più tardi scoperto di antichità ellenistica, anche del secondo secolo. Neoplatonismo, cabbala, e scienza ermetica furono al centro dell’interesse dell’Accademia Fiorentina del XV secolo, più rilevante nelle opere di Pico della Mirandola e di Marsilio Ficino. L’Accademia, inoltre, fu determinante per Giordano Bruno e per gli astronomi Giovanni Keplero7 e Thycho Brahe, e in minore misura per Copernico. Fu questa “visione del mondo” che rese possibile la rottura con la scienza scolastica non sperimentale e col neo-aristotelismo di quelle scuole8. ‘Paradossalmente’ fu una filosofia oltre-mondana che rese possibile una rottura rivoluzionaria nei confronti dello stesso mondo della natura. Tali ascendenze

provocano necessariamente disagio tra i teorici dell’empirismo moderno e della scienza, che per tanto tempo hanno spiegato come un segno di “transizione” la coesistenza di interessi “prescientifici” e scienza empirica concreta di questi astronomi. Era davvero una transizione, completata da Bacone, New-ton, Descartes, e la loro progenie, che pervenne a una rottura completa con simile “scoria metafisica” affermando la completa separazione tra le indagini della mente consapevole e la natura che è oggetto della sua contemplazione. Res cogitans, res extensa. Noi necessariamente vediamo queste cose in una luce differente. La rivoluzione in fisica del tardo ottocento e dell’inizio del novecento ha essenzialmente chiuso l’era della scienza meccanicista ed ha posto il ruolo ‘costitutivo’ dell’ ‘osservatore’ almeno al centro della fisica quantistica. Il pensiero moderno è stato allora obbligato a ripercorrere la fase ‘prescientifica’ delle origini della scienza moderna, fino a scoprire alcune stupefacenti anticipazioni della problematica con cui la rivoluzione in fisica del XX secolo si scontra con l’empirismo e l’atomismo. I fondamentali assiomi della nuova visione scientifica del mondo sono i seguenti:

  1. La conoscenza dell’universo materiale non è separata dalla costituzione attiva della prassi umana; teorie matematiche hanno fatto sì che fosse possibile ad Einstein rivalutare la concezione della luce ereditata dalla fisica newtoniana, essa stessa respinta dall’espe-rimento di Morley-Michaelson del 1887. L’abbandono della teoria dell’‘etere’, corpuscoli che precedentemente si riteneva piegassero la luce, e la sua sostituzione con una teoria geometrica di curvatura dello spazio, fu un colpo per il meccanicismo in fisica.
  2. Inoltre, le intuizioni fondamentali di Einstein erano formulazioni del pre- formale, concettualizzazioni poietiche sul tempo e lo spazio. La riflessione di Einstein sedicenne: “A cosa somiglierebbe l’universo se potessi sedermi su un raggio di luce?” era l’imma-ginazione poietica pre-formale di una rivoluzione concettuale9. Tale qualità fondamentalmente poietica del lavoro scientifico creativo, nel suo stato concettuale iniziale d’‘impalcatura’ pre-for-male successivamente rimossa lontano dalla formalizzazione della struttura finale, è un aspetto chiave delle convergenze che noi stiamo tentando qui di illustrare.
  3. Nella fisica moderna, i fondamenti di una teoria unificata dell’au- tosviluppo dell’energia (negentropia)10, l’unificazione della cos-mologia, l’evoluzione biologica, e la storia dentro ogni singola scienza, sono un dato di fatto. Nel mondo newtoniano, spazio e tempo erano dimensioni astratte per oggetti atomizzati e per le loro interazioni11. Per quanto concerne il tempo, l’evoluzione del pensiero post-newtoniano (BEST CAPTURED BY= meglio espresso per) Shopenhauer: “Pri-ma di Kant, noi eravamo nel tempo; dopo Kant, il tempo è in noi”. La storia umana è in realtà gioco col tempo, un trionfo della creatività sul tempo lineare. Nella concezione di Eraclito: “Il tempo è un re-bambino che gioca con i pegni”, “THE ROYALTY OF A CHILD”=(non trovo la parola nel dizionnario italiano) royality= royaute in francese) di un bambino”. O per Marx: “Il tempo è una dimensione della libertà umana”. Duiksterhuis scrisse della“meccanizzazione dell’immagi-ne del mondo”; la scienza contemporanea potrebbe riferirlo alla ‘temporalizzazione dell’evento mondo”.
  4. La rivoluzione nella fisica moderna fu resa possibile dalla rivoluzione tedesca nelle scienze matematiche del secolo XIX, essa stessa complemento della critica filosofica tedesca nei confronti dell’empirismo britannico. Da Gauss e Weierstrass, a Riemann e Cantor, la questione fondamentale delle scienze matematiche in Germania è in questo periodo la questione dell’infinito. E l’infi- nito – un problema posto dal pensiero occidentale nella sua forma moderna a partire da Niccolò Cusano e Giordano Bruno – è l’espressione matematica della totalità, o, in termini marxiani, modalità di esistenza. La rivoluzione hegeliana in filosofia consistette nella teorizzazione di un tempo come estensione internamente differenziata dell’infinito, un infinito in atto (il transfinito, nella terminologia di Cantor) che si realizza all’interno della storia: l’universale concreto. Nella nozione di Marx dell’autosussistenza positiva e dell’“individualità come onnilaterale nel suo consumo come nella sua produzione” (Grundrisse), questa teoria ha mostrato la sua espressione pratica come la base programmatica per la trasformazione del mondo. L’evoluzione della geometria nel XIX secolo da Gauss a Riemann meno implicitamente ha indicato l’espansione dell’universo, nella sua rottura con la geometria euclidea e nella potenziale “temporalizzazione” dello spazio.
  5. La fisica moderna pertanto mostra un universo che evolve storicamente12, un processo continuo (rinunciando al vecchio “atomi e vuoto” di ogni atomismo ed empirismo), un universo che è internamente differenziato attraverso il tempo. Si tratta di un’evolu-zione degli stati di energia verso organizzazioni sempre più alte di complessità. Un oggetto materiale in accellerazione alla velocità della luce è spazio-tempo, e tutto ciò che si manifesta come “materia” discreta, è evento dello spazio-tempo.
  6. La fisica del XX secolo essenzialmente ha rivelato che l’universo è attività, o più precisamente, autoattività. L’universo è (potenzialmente) auto-riflessivo; la biosfera lo è certamente. Il movimento fondamentale dell’universo può di fatto essere un movimento sistole-diastole di espansione e contrazione di energia, una questione empirica tuttora da risolvere da parte della ricerca moderna. Tuttavia, il mondo di Einstein è un mondo in cui non vi sono né tempo né spazio assoluti. In opposizione alla visione contemplativa del tempo anche della più avanzata concezione filosofica, il pensiero di Hegel, in cui lo Spirito Assoluto guarda indietro post festum verso le configurazioni (Bilder, o immagini) dei suoi stati passati, questo pensiero viene da un’attività in cui il tempo lineare sprofonda in una spirale, una molteplicità di elementi alla Riemann inseriti l’uno nell’altro. L’umanità, agendo consapevolmente per trasformare la necessità in una nuova molteplicità storica, nella rivoluzione, abolisce il tempo lineare, e tutti i precedenti mo-menti sono ‘ripresi’ entro il tempo continuum internamente differenziato13.
  7. Non può essere accidentale che la critica di base della fisica newtoniana, e dell’empirismo in generale, si sia manifestata nella forma più definita in Germania, e precisamente in un dialogo ricavato dalla filosofia14. Leibniz aveva già respinto l’idea del tempo e dello spazio assoluti, proprio come Spinoza aveva posto una nozione di infinito nel presente (in atto, o infinito in atto). La Ger-mania e il pensiero tedesco rappresentavano la sede della storia e della storia del pensiero par excellence, il paese che più di ogni altro era disposto a comprendere e ad affermare l’aspetto qualitativo del tempo15. La rottura fondamentale con l’universo newtoniano era iniziata con la critica del primato della geometria euclidea che costituiva la sua necessaria controparte, nella rivoluzione in geometria compiuta in Germania e in Russia sulle orme della Rivoluzione Francese16. Qui c’è un seducente e inquietante parallelo tra l’evento universale che distrusse per sempre lo spazio e il tempo unitario, semiciclico e assoluto dell’assolutismo illuminato e la matematica, imperniata sulla geometria, che cercava di formulare una nuova nozione qualitativa dello spazio, tale da porre quanto meno implicitamente la prima rottura tra spazio e tempo come dimensioni qualitativamente distinte. Questa geometria si sviluppò a partire dagli inizi del (NINETEENTH CENTURY=’800, non il ‘900), in Germania e in Russia, i due paesi più acutamente sottoposti allo “sviluppo combinato e ineguale”. Lo sviluppo da parte di Lobachevsky di una geometria negativa non euclidea, in cui la somma degli angoli di un triangolo è minore di 180°, è seguita dalla geometria positiva non euclidea di Riemann, in cui la somma degli angoli di un triangolo è più grande di 180°. Questa formulazione di uno spazio positivo non euclideo è il fondamento posteriore di una fisica basata sulla corvatura dello spazio, un universo in espansione, e una teoria generale dell’auto- sviluppo dell’energia. È uno spazio compenetrato nel tempo, il tempo storico generalizzato e prodotto consapevole della Rivoluzione Francese, e che recentemente è stato dimostrato di essere inseparabile dal tempo e dall’energia.

Cominciamo a individuare il significato della scienza prenewtoniana e precartesiana dal fatto che anch’essa si era occupata di una più antica versione dell’infinito attuale. Pertanto la rivoluzione più grande della scienza del XVII secolo fu la ripresa e lo sviluppo ulteriore dell’infinitesimale ‘asintotico’ Zeno/Parmenideo, l’idea dell’infinito come qualcosa “alla fine” del tempo. Che questo non riguardasse il caso della filosofia pre cartesiana è dimostrato dalle teorie di Nicola Cusano, che già nel XV secolo ha introdotto una geometria in cui due linee parallele che si estendono illimitatamente nello spazio finiscono infine per convergere. Uno spazio curvo è uno spazio autoriflessivo, uno spazio-tempo in cui l’infinito è presente nel’auto-sviluppo. Per la scienza pre cartesiana, con le sue idee di macrocosmo e di microcosmo, non solo l’universo era vivente, ma la mente dello scienziato non era esterna al mondo ‘oggettivo’ che egli rappresentava17. Egli non era, per parafrasare Marx, volgarmente accovacciato fuori dell’univer-so. La scienza neoplatonica considerava l’uomo, e l’attività scientifica dell’uomo, come parte dell’universo. Quel che era in gioco nella lotta tra la scienza dei neoplatonici (cabalisti-ermetici) e il nascente empirismo del XVII secolo era fondamentalmente la questione della creatività dell’intelletto18. (I neoplatonici ovviamente interpretavano abitualmente questa creatività come la creatività di Dio). A fondamento di queste correnti c’era una preoccupazione riguardo alla creazione del mondo, desunta in modi differenti dalle concezioni “emanazioniste” elaborate da Platone nel Timeo. Tutte queste tradizioni considerarono la creazione della differenziazione (forme materiali) come emanazione di una originale, singola unità di energia. Nella formulazione classica del Neoplatonismo, Dio – che è assoluto, non determinato e perfetto – è insoddisfatto di questa perfezione “in se stesso” e si “disperde” nella molteplicità (il periodo cabalistico del “vaso rotto”19 solo per ricostituire se stesso ad un superiore, inalienato livello di maggiore perfezione, o perfezione in-e-per-sé, di quanto fosse prima). Non è difficile vedere, in questo movimento triadico di unità /esternazione e alienazione/superiore unità, il fondamento della dialettica hegeliana20, nonchè la metodologia dei tre volumi del Capitale: capitale-in-sé, o processo produttivo immediato; capitale-per-sé, ovvero la riproduzione della totalità del capitale sociale, intesa ovviamente non come somma bensì come una totalità distinta dalle sue parti di capitale individuale; e capitale-in-e-per-sé, volume terzo, quando l’interazione di questi due momenti con il mondo della produzione capitalistica produce il movimento reale del Kreislauf des Kapitals, la circolazione(helical) del capitale, esso stesso per nulla più del movimento del mondo reale dell’alienato Kreislauf dello spirito di Hegel descritto nelle pagine conclusive della Fenomenologia, in cui lo spirito contempla all’in-dietro le configurazioni (Bilder) dei propri momenti precedenti. (Il capitale: non si tratta del libro, ma della “cosa” stessa) è lo spirito di Hegel: totalità che apparentemente si muove da sè. Il Capitale (QUA E CORRETTO; si tratta del libro) di Marx non è nient’altro che la fenomenologia della forza lavoro che perviene al suo concetto, scoprendo se stesso come l’animatrice inconsapevole di un mondo apparentemente autonomo. Il mondo del capitale è il mondo capovolto (verkehrte Welt), descritto da Hegel e precedentemente da Platone nel Timeo: è un mondo in cui in capitale-profitto, o meglio ancora in capitale-interesse, la terra-rendita fondiaria, salario-lavoro, in questa trinità economica che collega le componenti del valore e della ricchezza in generale con le sue fonti, la mistificazione del modo capitalistico di produzione, la reificazione delle relazioni sociali, l’immediata assimilazione delle relazioni materiali di produzione con la loro determinazione storico-sociale è completa: l’incantato, capovolto mondo seduto sulla sua testa, dove Monsieur le Capital e Madame la Terre, come caratteri sociali e nello stesso tempo insieme pure cose, procedono nella loro macabra danza. Il grande merito dell’economia politica classica è di aver dissolto questa falsa apparenza e questa illusione, questa autonomizzazione e fossilizzazione dei più disparati elementi sociali della ricchezza in relazione a ogni altro, la personificazione delle cose e la reificazione dei rapporti di produzione, questa religione della vita d’ogni giorno21

Nell’originale tedesco, queste parole con cui Marx “si diverte” col vocabolario hegeliano, come mostra nell’introduzione al primo volume, sono sottolineate.

Im Kapital-Profit, oder noch besser Kapital-Zins, Boden-Grun-denrente, Arbeit- Arbeitslohn, in diesel ökonomischen Trinität als der Zusammenhang der Bestandteile des Werts und des Reichtums überhaupt mit seinen Quellen ist die mystifikation der kapitalistischen Produktionweise, die Verdinglichung der gesellschaftlichen Verhältnisse, das unmittelbar Zusammenwachsen der stofflichen Produktions mit ihrer geschichtlichsozialen Bestimmtheit vollendet: die verzauberte, verkehrte und auf den Kopf gestellte Welt, wo Monsieur le Capital und Madame la Terre als soziale Charaktere und zugleich als blosse Dingen ihren Spuk treiben. Es ist das große Verdienst der klassischen Ökonomie, diesen falschen Schein und Trug, diese Verselbständigung und Verknöcherung der verschiedenen gesellschaftlichen Elemente des Reichtums gegeneinander, die Personifizierung der Sachen und Versachlichung der Productionssverhältnisse, diese Religion des Alltagslebens aufgelöst zu haben22.

In questo paragrafo sommario del terzo volume, Marx individua, dietro tre termini mistificati, un quarto precedentemente ignorato: l’autosviluppo della forza lavoro. Questo Marx connette esplicitamente questa concezione trinitaria alla religione, la ‘religione della vita di ogni giorno’, e ad un quarto termine che non si manifesta alla superficie della vita capitalistica, ma che di fatto è la forza motrice dell’intero ‘mondo capovolto’, cioè la forza lavoro, connettendolo co-me un erede diretto alla tradizione neoplatonica.

La ragione è sempre esistita, ma non nella sua forma razionale. La rivoluzione del neoplatonismo, che inizia intorno al II secolo d.C (in concomitanza con l’Ermetismo e la Cabbala), combinò la concezione aristotelica del mutamento con quella statica di Platone del Mondo ideale. Questa combinazione si manifestò nella teoria della creazione del mondo come movimento triadico dell’unità – molteplicità – unione più alta. Fu fondamentalmente questa visione dinamica della creatività a sedurre gli scienziati del Rinascimento. In un modo o nell’altro, il neoplatonismo fu oggetto di discussioni, in merito alla creatività di Dio, all’attività creativa dell’uomo. (Viene immediatamente alla mente Keplero: per lui l’indagine scientifica era la strada principale per pervenire alla “mente di Dio”). Per molte di queste filosofie, la coscienza è una serie di stadi di movimento verso l’alto, al più alto livello dei quali la coscienza diventa coscienza divina. Nel teologo del IX

secolo Giovanni Scoto Eriugena, per esempio, questo quarto, più alto stadio di natura, è denominato natura naturans, natura che crea ma che non è creata. Per quanto non autoriflessiva (Eriugena pone la natura che insieme crea ed è creata a un livello più basso), noi vediamo, in forma teologica, un’anticipazione dello spirito del mondo di Hegel, un soggetto in – e per se stesso, che è l’oggetto della propria attività23. In quanto a Keplero o a Tycho Brahe, la scoperta dell’unità platonica (o pitagorica) del mondo fisico era la struttura della divinità, e più ancora, una struttura della divinità che corrispondeva alla mente umana24. La credenza nella struttura geometrica della natura, come una manifestazione delle forme del Mondo ideale, spingeva gli astronomi neoplatonici a cercare queste strutture matematiche nella natura stessa. Era, dunque, un pregiudizio che le forme del pensiero (o in definitiva l’intelligenza di Dio) e le forme della natura fossero la stessa cosa, fondata su una filosofia mistica emanazionista della creazione del mondo, che condusse poi alle attuali scoperte empiriche, che l’ap-parentemente più ‘empirica’ scolastica neo-aristotelica da se stessa non avrebbe mai prodotto. Notiamo qui che anche con le rivoluzioni in matematica e in fisica dei secoli XIX e del XX, quel salto concettuale nella scienza non era generato nell’ambito della ricerca empirica dei “fatti” in se stessi, ma da nuove concettualizzazioni che anticipano nuovi “fatti”. Così Newton lo spiega brevemente: “Non posso comprendere ciò dai fenomeni”. E Einstein riassume così: “È la teoria che stabilisce quel che noi possiamo osservare”25. Microcosmo-macrocosmo: quel che è vero per le leggi della creatività della mente deve essere vero per la natura come un tutto. Nell’indagare dentro le strutture del mondo naturale, anticipate da apriorismi precognitivi, concettualizzazioni pre-formali e pre-empiriche, gli astronomi neoplatonici avevano dimostrato quel che noi possiamo chiamare la qualità “neghentropica” del pensiero umano: il pensiero non come il “parallelo” o “riflesso” dell’energia ma, quando sia stato inteso come un momento concreto della creatività pratica dell’universo, come la più alta organizzazione dell’energia stessa. È questa concezione che ritorna con la scienza post-newtoniana, quando figure come Einstein pongono concettualizzazioni di carattere poietico al centro della creatività scientifica. Il pre-meccanicismo, l’idea rinascimentale dell’infinito in atto, fu introdotta nelle matematiche per se con il transfinito di Cantor. Cantor era immerso nelle discussioni filosofiche sull’infinito ed esplicitamente discusse le concezioni di Spinoza, di Leibniz e di Nicola Cusano nel suo saggio sul transfinito (Fondamenti di una Teoria Generale della Molteplicità, 1883)26. Altro proble-ma sostanziale qui in discussione è quello della determinazione (Bestimmung) così come è stata considerata dalla filosofia fin dalle origini e rappresentata miticamente nel Vecchio Testamento. Il compito della filosofia da Eraclito a Hegel, e della teoria da Marx, è sempre stato quello di collocare concretamente – di determinare – le parti in relazione con il tutto o la totalità. Una tappa sulla questione dei particolari – dell’essere concreto – è essa stessa una metafisica o filosofia, e la risposta a questo problema, se in termini di sviluppo autoriflessivo in-e-per sé (Hegel e Marx) o di aperta antiuniversalità propria del nominalismo

medievale o dei suoi duplicati del XX secolo, il positivismo logico e l’esistenzialismo (e, più recentemente, il “postmodernismo”), è la base di visioni del mondo fondamentalmente opposte. Una risposta al problema della determinazione particolare-universale, che colloca gli universali come reale all’interno delle parti, è il contrassegno di ogni corrente di pensiero che stiamo esaminando. Infatti, il vero fondamento della civiltà giudeo-cristiana, l’idea che a un determinato momento l’eternità sia entrata nel tempo e l’infinito e il finito siano mediati nella persona di un’individualità vivente, aveva già posto il problema del transfinito al pensiero occidentale. Ma esso era presente, fin dall’inizio, nell’incontro di Mosé con Yahweh nel vecchio testamento, quando la divinità appariva come un arbusto che brucia e rispondeva così alla questione dell’identità: “Io sono colui che sono”27. Il problema della determinazione è inoltre connesso, nelle prime fasi del neoplatonismo e della Cabbala, ai problemi, di sopra considerati, della creatività e dell’inversione. Nel suo stato di alienazione, dopo aver vissuto la perfezione in-se- stesso dei suoi inizi, la coscienza si è trovata di fronte la dispersione; la certezza sensibile, o la separazione, apparentemente autoevidente, degli oggetti sensibili. Nell’unità reintegrata di una coscienza in-e- per-se-stessa (per usare l’espressione hegeliana) la concezione neoplatonica della verità scopre che i contenuti immediati della coscienza sono falsi finchè non ricollocati in una specie di “ruota” o di spirale ascendente nel tempo (che è tempo); nessun contenuto specifico o determinazione è vera; la verità è il processo del continuo autosviluppo della coscienza entro specifiche determinazioni. La verità è processo, il processo dell’autosviluppo: l’autosviluppo dell’universo (cosmologia), l’autosviluppo della bio-sfera, l’autosviluppo della specie umana. O, nella formulazione di Marx, l’individuo comunista è un “cacciatore al mattino, pescatore al pomeriggio, critico critico la notte” senza, per tutto questo, “essere”28 (predicato) cacciatore, pescatore o critico critico. L’individuo comunista non avrà alcun carattere specifico determinato, ma sarà un processo o relazione con un molteplice integrato di attività mediata socialmente.

Hegel espresse questa idea nei seguenti passaggi:

Die Sache selbst verliert dadurch das Verhältnis des Prädikats und die Bestimmtheit lebloser abstrakter Allgemeinheit, sie ist vielmehr [die]29 von der Individualität durchdrungene Substanz; das Subjekt, worin die Individualität ebenso als sie selbst oder als diese wie als alle Individuen ist, und das Allgemeine, das nur als dies Tun aller und Jeder ein Sein ist, eine Wirklichkeit darin, daß dieses Bewußtsein sie als seine einzelne Wirklichkeit und als Wirklichkeit Aller weiß..30

“The thing itself thus loses (THE) relationship of predicate and the determination of lifeless, abstract generality, and becomes much more a substance full with individuality; the subject, wherein individuality is to all individuals as is it to itself

or to another, and the general, which only as this activity of all and of each individual is a being , and finally, a reality, insofar as this consciousness knows it as its individual reality and as the reality of all…”31

“La Cosa stessa perde in tal modo il rapporto col predicato e la determinazione della generalità astratta e senza vita e diventa molto più una sostanza piena dotata di individualità; il soggetto, in cui l’in-dividualità è in rapporto a tutti gli individui come è in rapporto a sé stessa o all’altro; e il generale, che è un essere solo in quanto è questa attività di tutti e di ciascun individuo; ed infine, una realtà, fino a che questa coscienza la riconosce come sua propria realtà individuale e come la realtà di tutti”.

[S]ie sind Predikäte, die noch nicht selbst Subjekte sind…32 Questi sono predicati, che non sono ancora soggetti.

Marx pone la stessa idea nella sua forma pratico-sociale, quando dice:

È solo quando la realtà oggettiva generale diventa per l’uomo nella società l’attualità delle essenziali capacità umane, attualità umana, e dunque l’at-tualità delle sue proprie capacità che tutti gli oggetti diventano per lui l’og-gettivazione di se stesso, diventano oggetti che confermano e realizzano la sua individualità in quanto suoi oggetti, cioè, egli diventa oggetto di sé stesso…33

O ancora, quando il nesso è reso esplicito tra il mondo capovolto e le determinazioni estranee, creazioni dell’uomo che appaiono all’uomo produttrici esse stesse.

L’uomo produce la religione, la religione non produce l’uomo…ma l’uomo non è un essere astratto che se ne sta accovacciato fuori dal mondo…Questa condizione e questa società producono la religione, che è una coscienza capovolta del mondo perché questo è un mondo capovolto…[la religione] è la realizzazione fantastica dell’essenza umana giacchè l’essenza umana non possiede nessuna vera realtà.34

Per il lettore che insiste nel contrapporre il giovane Marx, che scrisse il brano sopra citato, al ‘maturo, scientifico’ Marx del Capitale, e per chi non è definitivamente convincente l’articolazione dalla stessa idea del passo sulla “Trinità” delle ultime pagine del terzo volume (precedentemente citato), vale la pena considerare il seguente brano:

A un certo livello della produzione materiale, il processo reale della vita sociale…noi troviamo lo stesso rapporto che al livello ideologico, nella religione: il soggetto è trasformato in oggetto, e viceversa.35

Questa vera e propria fenomenologia del processo di riproduzione materiale continua:

Questo denaro e queste merci, questi mezzi di produzione e mezzi di sussistenza si levano su come poteri autonomi, personificati da quei proprietari in opposizione alla forza lavoro, espropriata di ogni ricchezza materiale…le condizioni materiali, indispensabili alla realizzazione del lavoro, sono estranee (entfremded) al lavoratore e in più gli appaiono come feticci dotati di una volontà e un’anima loro propria…le merci, alla fine, appaiono come acquirenti del popolo…36

Non ci proponiamo qui di produrre una molteplicità di citazioni sull’idea fondamentale dell’inversione del soggetto e dell’oggetto come risulta da altre sezioni del Capitale, dai Grundrisse, o dalle Teorie del plusvalore. È semplicemente per stabilire che per Marx, e in forma ancora mistificata per Hegel, inversione37 e determinazione coincidono, ossia la dominazione dell’attività umana da parte di creazioni apparentemente autonome, o predicati, o determinazioni, costituisce l’essenza dell’alienazione per Hegel e per Marx. E questa concezione, a sua volta, non è altro che una versione demistificata della fase di “dispersione”, di esternazione e dei “vasi rotti” (Cabbala) descritta nelle teorie neoplatoniche della creazione, di cui abbiamo discusso. Il marxismo è la ragione nella sua forma razionale delle mistificazioni del neoplatonismo, che collocavano ancora la creatività in Dio e non nell’uomo socializzato. La concreta, demistificata articolazione di questa creatività è in quel che segue:

[“Il Capitale] in questo modo produce le condizioni materiali per lo sviluppo della ricchezza individuale, che è come onnipresente nella sua produzione come nel suo consumo, e in cui il lavoro non si manifesta neanche lontanamente in quanto lavoro, ma come il pieno sviluppo dell’attività di per se stessa.38

O lo precede Hegel: Lo spirito è attività…39

Noi, per questa ragione, lo subordiniamo, anche se taluni desiderano parlare di “scienza” senza una comprensione di queste elementari verità della storia della

scienza, del pensiero e della pratica sociale, senza porre la scienza come l’autocomprensione dell’autori-flessiva forza lavoro globale, senza riconoscimento della verità di questa asserzione di Marx:

Il principale difetto d’ogni materialismo che ci ha preceduti (incluso quello di Feuerbach) è che l’oggetto, la realtà, l’attività sensibile, sono concepiti solo nella forma dell’oggetto o intuizione, ma non come attività sensibile umana, come prassi, soggettivamente… Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero, ma egli non concepisce l’attività umana stessa come oggettiva40.

Così, (SUCH AN= un tale) individuo non può che essere considerato al di sotto delle esigenze e della teoria più avanzata del nostro tempo (E LA CONTINUAZZIONE DELLA FRASE QUE COMINCIA . “se taluni desiderano ecc.)

Ritornando nuovamente alla nostra discussione sul neoplatonismo e le origini del pensiero scientifico moderno, osserviamo che il problema della determinazione e dei predicati esisteva presso quegli antichi modi di pensiero come ricerca degli attributi di Dio (come in Maimonide e Spinoza): Dio era Assoluto, indeterminato. [Omnis] Determinatio est negatio[Determinazione è negazione, in Spinoza; nota edit.], limite. La rivoluzione del pensiero moderno è nella scoperta di una soluzione al problema della relazione tra l’infinito e il finito ricollocata nell’autoattività universale dell’uomo o attività specifica avente come scopo la trasformazione di se stesso: l’universale concreto di Hegel, la specie-individuo di Marx e, in matematica, il transfinito di Cantor. Qual è il rapporto tra questa “storia della filosofia” e il mito prefilosofico, da un lato, e il pensiero moderno dall’altro? Fra la fine della filosofia classica ellenica, culminata in Platone e Aristotele, e la ripresa della scienza e del pensiero rinascimentali, intervenne una nuova e spesso trascurata fase nella filosofia, che fu reintrodotta in Europa dopo il 1100 attraverso fonti musulmane e ebraiche. Ritornò il pensiero dell’antichità, ma a un livello più alto. La cultura arabo-giu-daica, che si sviluppò dal IX al XII secolo da Bagdad a Cordova, che a sua volta era stata profondamente segnata dalla filosofia ellenistica e della scienza della tarda antichità41, fu uno sviluppo dell’antichità qualitativamente più alto e, quando l’antichità ellenica fu riscoperta in Occidente dal XII al XV secolo nell’opera di Aristotele e poi Platone, ciò avvenne incorporando la rivoluzione (espressasi nelle opere di figure come Ibn Sina) nel pensiero del neoplatonismo ellenistico sintetizzato e condotto a un più alto livello. Il significato di questo enunciato può essere compreso se ci richiamiamo al ruolo della teoria matematica nelle due rivoluzioni scientifiche che hanno dato vita alla fisica moderna, quella dal XV secolo fino al XVII, e quella dal XIX secolo fino al

XX. Infatti, sebbene sia per caso che i neoplatonici del Rinascimento (e innanzitutto Keplero) o, più tardi, Einstein, andassero avanti a scoprire materia indagata per milioni di anni, questa non è storia compiuta. Il sorgere dell’astronomia premoderna e la comparsa della relatività sono due momenti di numerosi scambi storicamente determinati che sono parti costitutive di più estese trasformazioni dell’autoattività dell’uomo “in” natura, ossia dell’autoattivi-tà consapevole della natura. Nuove varietà della prassi umana in natura dovevano realizzarsi dentro l’esistenza perchè Keplero o Einstein “vedessero” orbite ellittiche o (rispettivamente) curvatura dello spazio. Non è che la terra cominciasse a girare intorno al sole perchè Copernico ne aveva concettualizzato la necessità; non è che lo spazio cominciasse a curvarsi perché la teoria di Einstein spiegava la precessione del perielio di Mercurio con un percorso incompatibile con la teoria gravitazionale newtoniana; è che ognuma di queste rivoluzioni teoretiche creava strutture teoretiche per la comprensione di questi specifici, “dati” fenomeni come parti di un momento di una generale, attiva trasformazione del rapporto dell’umanità con la biosfera. Ogni società crea la cosmologia e la fisica di cui ha bisogno per esprimere questo rapporto, e ogni stadio dello sviluppo sociale ha bisogno di una sua propria cosmologia e fisica. Non è che certi fenomeni, come l’accellerazione di un corpo in caduta in un campo gravitazionale del mondo42 siano diversi in diverse varietà; al contrario, è che tali dati particolari si collocano come verità soltanto entro strutture teoretiche differenti che le rendono visibili in primo piano. (Come afferma Einstein: “È la teoria che decide quello che possiamo osservare”, sebbene non giungesse a dire che tali teorie evolvono come parte di nuove fasi della prassi biosferica umana). In questo modo, tali riconcettualizzazioni come quelle di Copernico, di Keplero o di Einstein, trasformano effettivamente le leggi dell’universo, in quanto sono costituzioni43 pratiche attive dell’universo, come nuove molteplici determinazioni. La fisica newtoniana rimane vera dentro la fisica einsteiniana, come un sottoinsieme collocato entro nuove leggi generali. Il capovolgimento di Newton da parte di Einstein è un classico caso di smascheramento di un errore di composizione, in cui le leggi che sono vere localmente (per i fenomeni osservabili della struttura del mondo), sono categoricamente false al li-vello dell’universo come un tutto44, a conferma della distinzione marxiana tra quel che è vero per i capitali individuali e quel che è vero per il ca-pitale sociale complessivo. In fisica come nella critica dell’economia poli-tica la totalità non è una somma.

Con l’evoluzione della prassi umana, la biosfera stessa si è evoluta e in più si è estesa oltre il mondo stesso. Non vi è oggi alcuna natura che possa essere compresa isolandola dalla prassi sociale complessiva. La natura è questa prassi. Discutere le leggi di questa natura senza una discussione dell’evoluzione delle leggi della prassi umana, la forma più elevata della natura-prassi cosciente, è un’impresa inutile. Una scienza dell’evolu-zione della biosfera che escluda la trasformazione delle leggi dell’attività della più alta organizzazione dell’energia

all’interno di questa biosfera è una scienza incompleta. Un esempio in proposito può essere attinto dalla fisica moderna. Taluni fra gli elementi più recenti (transuraniani), come il Berkelium e il Californium, non esistendo “in natura”, sono fin dall’inizio creazioni umane. Per essere accessibili all’osservazione, questi devono essere spinti entro acceleratori lineari a velocità che si approssimino a quella della luce per lasciare tracce da cui si possano formulare descrizioni pienamente significative intorno a essi. Le leggi della creazione e la natura di tali elementi sono prassi governata dal principio. Non solo non possono esistere separatamente dall’osservatore, ma non possono esistere separatamente dall’attività dell’osservatore.

(NUOVO PARAGRAFO) Infine, è necessario rispondere in anticipo alla possibile obbiezione da parte di un partigiano del “paradigma” kuhniano, il quale converrebbe con l’asserzione che la teoria decide quanto è possibile osservare, e che quindi questi non sono “fatti” visibili qualunque senza teoria, ma che ne trarranno la conclusione che la successione di queste teorie paradigmatiche non è determinata da alcuna necessità, e ciò perché la realtà per la scienza è una costruzione teorica, dove non può esserci progresso nella scienza. Per ammettere tale progresso, per un kuhniano, bisognerebbe, ancora una volta, ammettere l’esistenza di una natura dove la scienza è un approssimarsi sempre maggiore della realtà esterna. Il lettore può considerare, dalla precedente discussione, l’errore di simile obbiezione. Essa si accorda col volgare empirismo nel concepire una natura in cui l’attività umana non è una presenza qualitativa trasformatrice. Per l’empirismo, la natura esiste indipendentemente dall’osservazione, operando in accordo con leggi che osservatori scientifici decifrano come cosa passiva. Per i kuhniani, la natura è ammessa come visibile fino al limite illuminato teoreticamente, ma essa è concepita come indipendente da ogni necessaria determinazione per la teoria specifica e senza alcun riconoscimento che è l’attività del teorico, e il posto della teoria come a fianco della natura, che è in questione. In breve, la teoria di Kuhn è al di sotto della verità della prima tesi su Feuerbach di Marx, in cui Marx evidenzia l’incapacità di Feuerbach di vedere il lato oggettivo dell’attività umana. Quando noi affermiamo che le forze della concettualizzazione poietica della mente-in-atto, ossia l’intelletto attivo, sono le forme più alte di organizzazione dell’energia, sono cioè energia consapevole che percepisce la sua propria pratica, noi necessariamente respingiamo la tesi che tale concettualizzazione non possa procedere in accordo con le leggi e che le sue costruzioni teoriche siano assolutamente arbitrarie. Esse sono, al contrario, risposte specifiche alle crisi teorico-pratiche nell’autoattività umana nella biosfera, e concettualizzano nuovi avanzamenti in questa pratica. Esse sono determinate (nel senso della nostra precedente discussione sulla determinazione: ne rappresentano il contenuto) dai problemi pratici posti dalla necessità, e come soluzioni a questi problemi. Sono affermazioni di libertà nel contesto della necessità che trasforma ad ogni livello specifico. Una teoria scientifica che rivoluziona la visione della natura è, per definizione, una teoria che pone una

rivoluzione nell’attività riproduttiva umana “dentro” la natura. Essa è, infine, natura naturans, natura che crea. Questa trasformazione delle leggi mediante trasformazione della concettualizzazione è il senso dell’ “intelletto attivo” così come è stato elaborato da un neoplatonico arabo come Ibn Sina. Espresso in forma moderna più appropriata, è il potere dell’in-telletto umano di trasformare e indirizzare le leggi dell’universo esse stesse verso più alti stadi, così come esso muove verso più alti stadi la prassi umana. Significa che, siccome non vi è proprio nulla che sia arbitrario presso il pensiero concettuale e poietico, ma che, anzi, l’immaginazione poietica sviluppa sé stessa legittimamente, questa attività poietica è uno stato di energia. Ciò che (RUNS THROUGH= pervadare) il più alto livello della filosofia rispetto al neoplatonismo della tarda antichità avanzata è l’idea dell’energia che si autocrea, non immaginativa (irriducibile a oggetti discreti) e non determi-nata, non reificata. Così le origini della scienza moderna, lungi dall’essere un mal concepito e arbitrario eclettismo contenente indagini insieme prescientifiche ed empiriche, tornano ad essere un metodo di ricerca qualitativamente differente le cui idee fondamentali pongono al “centro” della creazione l’intelletto immaginativo dello scienziato. La superiorità quantitativa della concezione meccanicista del mondo che trionfò nel XVII secolo (MA COME Leibniz e William Blake AMBIDUE ne fossero consapevoli, nelle loro molto differenti critiche a Newton, SOLO RELATIVAMENTE), (VOGLIO DIRE CHE IL TRIONFO ERA SOLO RELATIVO) mise da parte le fondamentali verità delle scienze rinascimentali per tre secoli fin quando le sue tesi di fondo cominciarono ad arrivare ai loro limiti nella crisi generale in cui l’“aggiunta” di micro razionalità conduceva a una “somma” che era di fatto una totalità di assurdità. La prospettiva scientifica moderna, quindi, riprende teorie pre newtoniane a un più alto livello. Essa afferma che il mondo è attività e che non c’è verità contemplativa al di fuori dell’attività. Inoltre essa scopre che il pensiero poietico preformale non è stata una mera “anticipazione” della verità formale matematica ma il pro-dotto della diretta attività dell’energia stessa, volta legittimamente verso più alti livelli di organizzazione. La facoltà poietica dell’uomo è entropia negativa, ovvero negentropia, ovvero materia che evolve a stadi superiori trasformando le leggi della propria attività. Essa non è semplicemente un qualcosa di parallelo a, o che si avvicini a un tale processo, il processo dell’umanità costituito come una prassi collettiva della natura cosciente (hylozoica o materia vivente). La controrivoluzione concettuale del cartesianesimo e del newtonismo fu la divisione del mondo, consistente nel porre il pensiero al di fuori dell’universo. Da questa divisione proviene la classica separazione tra immaginazione e realtà; “è solo immaginazione” è il grido di guerra di ogni pedestre interpretazione letterale e dell’em-pirismo, che non vede l’attività di condensazione45 (poetizing) dell’imma- ginazione come la base della creatività scientifica. Nella Fenomenologia di Hegel, nell’Interpretazione dei sogni di Freud e nel Capitale di Marx, sono rivelate entità immaginistiche discrete, in differenti modi, come “momenti inferiori” di più alti livelli di energia, del processo. Nelle origini neoplatoniche del marxismo46, nella

battaglia critica e pratica contro il mondo capovolto, noi muoviamo verso una concezione dell’imma-ginazione completamente nuova. È, alla lettera, la realizzazione della profezia di Rimbaud: “La poesia non ritmerà più la realtà; andrà avanti.” (La poésie ne rhythmera plus la réalité; elle ira en avant). Sarà un mondo della realizzazione delle forze dell’immaginazione, la fine della separazione in cui sarà possibile dire: “Questo è solo immaginazione”. Nello sviluppo del neoplatonismo e di altre correnti ‘mistiche’, nella concezione filosofica moderna dell’infinito dal Cusano a Bruno, a Spinoza e a Hegel, nell’indi-viduo come specie di Marx e nel transfinito di Cantor sono posti tali stati di energia, al di là di ogni determinazione specifica, come una spirale dello sviluppo della creatività, del tempo rinnovato e che rinnova. Noi siamo i bambini di un mondo in cui i problemi concettuali e pratici (e sono enormi!) di queste correnti faranno convergere, dentro una nuova teoria autoriflessiva dell’universo, la biosfera e la storia, un mondo in cui l’im-maginazione materiale comprenderà i fini e i mezzi della propria autoriproduzione, in cui l’agire IN WHICH ITS EXERCISE FOR “ITS OWN SAKE” in which its exercise “for its own sake” will be the means and the goal: (VEDO MALE COME TRADURRE ‘FOR ITS OWN SAKE’: in inglese, per esempio, “l’art pour l’art= art for art’s sake”. In francese: une activite

qui a elle-meme comme son propre but) NON vuole dire “nel suo proprio interese” (se capisco bene). Il pensiero e una elaborazzione della frase di Marx: “The multiplication of human powers is its own goal”. vedrà coincidere i mezzi e lo scopo.

“Quando l’angusta forma borghese sarà gettata via, cosa sarà la ricchezza, se non l’universalità dei bisogni, delle attitudini, dei consumi, delle forze produttive, etc. degli individui, generata nello scambio universale? Cosa, se non il pieno sviluppo del dominio dell’uomo sulle forze della natura – tanto della propria natura, quanto della cosiddetta natura? Cosa, se non l’estrinsecazione assoluta delle sue qualità creative, senza altro presupposto che lo sviluppo storico antecedente che segna la totalità di questo sviluppo, cioè lo sviluppo di tutte le forze umane come tali, non misurate su alcun altro parametro, un fine in se stesso? Cos’è questo, se non una condizione in cui l’uomo non si riproduce in alcuna forma determinata, ma produce la propria totalità? Dove non cerca di rimanere qualcosa di determinato, ma è, nell’assoluto movimento del divenire?”

Marx, Precapitalist Economic Formations (Forme economiche pre-capitalistiche)

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